Sala 3
I MODI DELLA CENSURA - DOCUMENTI 1922 - 1946
La censura cinematografica in epoca fascista di Roberto Gulì
Il fascismo eredita dall’Italia giolittiana i principali strumenti per esercitare la “vigilanza” sulle pellicole cinematografiche, lasciando sostanzialmente immutato il sistema delle commissioni di revisione per il rilascio del nulla osta. I successivi provvedimenti legislativi e la creazione, nel 1934, del Sottosegretariato di Stato per la Stampa e la Propaganda, portano a modificare la natura e il ruolo delle commissioni e ad ampliare le funzioni della censura cinematografica, che si appresta a divenire un organo pienamente funzionale alle esigenze del regime. Dall’azione della censura emergono, da un lato, la continuità con l’età liberale nell’opera di revisione delle pellicole italiane ed estere, dall’altro, alcune tendenze peculiari dell’epoca fascista, quali la guerra alle ideologie nemiche, la preoccupazione per la difesa dalle culture straniere e per la salvaguardia dell’italianità, l’ostilità verso le rappresentazioni realistiche della società e dello stesso regime fascista.
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La censura cinematografica nel 1943-1946 di Roberto Gulì
Tra il 1943, anno dello sbarco degli Alleati in Sicilia, e il primo dopoguerra la censura cinematografica segue le sorti del paese e si ritrova anch’essa spaccata a metà. Il sud Italia passa in mano agli anglo-americani e il settore cinematografico, così come gli altri mezzi di comunicazione italiani, passa sotto la gestione dello Psychological Warfare Branch (“Divisione per la guerra psicologica”), bloccando tutti i film italiani di chiara opera fascista e promuovendo la diffusione di film di produzione alleata. Il nord Italia rimette in moto, nella Repubblica di Salò, la censura “fascista”, che, nonostante la debolezza istituzionale, persevera nella linea seguita durante il Ventennio. La liberazione di Roma, nel 1944, se da una parte segna un ripristino del regolare funzionamento della revisione cinematografica e un graduale disimpegno anglo-americano, dall’altra mette in luce il problema dell’“epurazione”. Le pellicole italiane dell’epoca fascista, con i nomi di alcuni cineasti, artisti e dirigenti, vengono respinte o condizionate.
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